Lotito: “Gli errori arbitrali mi sono costati 40 milioni”

Lotito: “Gli errori arbitrali mi sono costati 40 milioni”

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LA REPUBBLICA (M. PINCI) – Questo calcio è pieno di farisei, io posso stare simpatico o antipatico ma con me ti ci devi confrontare». Claudio Lotito, presidente della Lazio, stasera sarà al suo 34° derby: ne ha persi 16, ma tra i 10 vinti c’è la Coppa Italia del 2013. Il suo momento più alto, quello? «Non lo so. Ma da quando ci sono io, tolte Juve, Inter e Milan, la Lazio ha vinto più di chiunque in Italia». Una frecciatina alla Roma? «È una constatazione, basta contare i trofei: due Coppe Italia, due Supercoppe. Poi magari qualcuno ha la Coppa delle Fiere…». Vede che ce l’ha con la Roma. Che è più avanti per il nuovo stadio: che fine ha fatto il vostro progetto sulla Tiberina? «Mi sono stufato di fare da apripista. Mando avanti gli altri. Un principio deve valere per tutti. Che facciamo, guelfi e ghibellini? Se il Comune consente a una delle due di fare lo stadio, deve farlo anche l’altra. Se uno stadio è a ridosso del Tevere allora non ci saranno problemi per chi lo realizza ad una distanza maggiore, o no?». Ma la vostra idea include costruzioni residenziali, la legge stadi nega questa possibilità. «Ed è un errore. La Juve lo ha capito: per aumentare i ricavi da stadio non bastano gli skybox, servono 20mila residenti in zona. Per questo di nuovi stadi non ne fa nessuno, sarebbero nel deserto». Qual è il suo obiettivo ora? «Rompere l’assioma per cui più spendi, più vinci. Ci sono esempi recenti all’estero di outsider capaci di battere i colossi». Quindi sogna la Lazio come un Leicester italiano? «Non regge, la Lazio è stabilmente tra le grandi. È mancata in alcune performance quest’anno, nonostante i miei investimenti». I tifosi la criticano lo stesso. «Ma in estate ho comprato e ho rifiutato per un calciatore un’offerta a cifre a cui nessuno al mondo avrebbe detto di no». Parla di Milinkovic, è chiaro. «Il nome non lo dico. Mi ero impegnato con Inzaghi a non cederlo. E l’offerta arrivò al penultimo giorno di mercato, non avevo tempo per sostituirlo». Ce l’ha sempre con gli arbitri? «Altri presidenti parlano molto del tema, io no. Faccio solo una domanda: secondo voi ci hanno avvantaggiato o penalizzato? L’anno scorso mi sono costati 40 milioni di euro, perché non siamo andati in Champions. Amo il calcio romantico, oggi ci sono interessi in ballo. Errare humanum est, sed perseverare diabolicum. Puoi sbagliare una volta. Due, tre, quattro. Ma se sono ricorrenti devo capire. Non credo a coincidenze». Però c’è il Var. «Oggi sbagliare è più difficile. Non condivido quando qualcuno non se ne avvale, non è uno strumento alternativo, ma di supporto». Per il derby ha fatto benedire il centro tecnico. Ha altre scaramanzie? «Non sono mica scaramantico. Se porto un prete a Formello mi dicono che faccio l’esorcismo, se loro fanno benedire gli uffici da monsignor Fisichella va bene. Due pesi e due misure». L’Uefa ha aperto un’inchiesta per razzismo dei tifosi laziali in Europa League. «Qui 10 persone che a Siviglia fanno il saluto romano possono condizionare il giudizio su una società che fa prevenzione, attività contro il bullismo, azioni per reprimere. I comportamenti di singoli non possono ricadere sulla società e su una comunità sana». Però è mancata una condanna da parte del club. «Per la Cassazione, il saluto romano non ha quel tipo di connotazione che gli si vuol dare se non è accompagnato da un contesto evocativo del Ventennio. Come fate a criminalizzare una società, un popolo?». Lotito, controlla ancora lei il calcio italiano? «Il nostro è un mondo che va bonificato nell’interesse del sistema. Il consenso non te lo dà il fatturato, te lo danno gli altri. Io tutelo soprattutto i più deboli del calcio. E mi ascoltano perché dico cose sensate: vedo 5 anni avanti, gli altri vivono per il carpe diem». Ed è stato rieletto in Consiglio federale. Ai tempi di Tavecchio lei era l’uomo più potente. «Con Tavecchio mi massacrarono perché indossai una felpa della Nazionale, ma me la fece dare lui dal magazziniere a Bari perché pioveva. Io e Carlo abbiamo fatto le riforme: la norma sulla proprietà che obbliga a produrre certificati bancari su solidità e provenienza dei fondi. Anche se mi pare che la applichino poco. La Var chi l’ha voluta? E la Goal line?». Ne trasse anche qualche beneficio: la deroga per tenere sia Lazio che Salernitana. «Non è così. La Salernitana la presi in Serie D, era permesso. Ho vinto la D, la C2, la C1. Se cresci per merito sportivo, mantieni la proprietà, ma se la Salernitana salisse in A dovrei scegliere di vendere una delle due, non esistono favori». E quale venderebbe? «Io non mi fascio la testa prima di rompermela».

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