Lotito-Pallotta, è già derby al veleno

Lotito-Pallotta, è già derby al veleno

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La Gazzetta Dello Sport (A.Catapano) – Da ieri, chiamatelo il derby della Pampa. «Quello non c’ha i soldi, vedrete». «Quello è una barzelletta, fa ridere». Ah, che noiosa sarebbe la vita senza Claudio Lotito e James Pallotta. Se non ci fossero, bisognerebbe inventarli, come la Nutella. Già, che risate. Il guaio, però, è che ridono fuori dal Grande Raccordo Anulare. Dentro, ridono per non piangere forse. Poveri romani, seppelliti da rifiuti maleodoranti, sfiniti da trasporti a singhiozzo, esauriti dal traffico. La candidatura olimpica, si sa, li consola poco (come si dice da queste parti, sarebbe un consolarsi con l’ajetto). Il calcio, storicamente, li scalda di più. Solo che ultimamente, anche su questo fronte, mai una gioia: le ambizioni romaniste frustrate dallo strapotere juventino, l’orgoglio laziale svilito dagli strafalcioni di Lotito. Come plasticamente rappresentato dalle ultime trattative di mercato: Pjanic venduto alla Juventus, che riporta in Italia pure Benatia; Lazio mollata da Bielsa e messa in croce perfino da Keita.

CONTESTATI – E l’Olimpico, si sa, ormai da un anno disertato da tutti: dentro le barriere, fuori gli ultrà, contestazione a oltranza, contro la polizia, le autorità, i presidenti. Per motivi diversi, ma entrambi nel mirino. Pallotta e quella macchia indelebile del «fucking idiots». Lotito e quella insopportabile insistenza a tenersi la Lazio, a non venderla, anzi, come gli urlano i tifosi, «a non liberarla!». Ieri alla fine erano cinquemila a piazza Santi Apostoli e cinquecento ad Auronzo. Di tutte le età e di tutti i tipi, facce brutte e belle, volgarotti e romantici, come quelli che in Cadore hanno scomodato l’innocenza dei più piccoli: «Non si rubano i sogni ai bambini», stava scritto sullo striscione che guidava laprotesta.

UOMINI DI PANCIALotito e Pallotta, per origini, studi, carriere, portamenti non potrebbero essere più diversi. In realtà, Roma e Boston, l’Appia antica e il North End non sono mai stati così vicini. Il Lotito che recita Alberto Sordi alla buvette del Senato straparlando di Bielsa, o quello che rivolge battutacce sessiste alle croniste, non è poi così distante dal Pallotta che dialoga via sms con i giornalisti, non lesinando parolacce. Entrambi, poi, si sono convinti che a Roma bisogna parlare alla pancia, più che alla testa, dei tifosi. Ecco perché ogni giorno la radio ufficiale di Trigoria mette all’indice uno o più giornalisti, «nemici della Roma!». A proposito, anche su questo fronte ultimamente non arrivano buone notizie: domande vietate a Formello, accrediti ritirati a Pinzolo, pure sulla stampa i due devono avere idee simili.

SUL GRANDE RACCORDO… – Dunque, gli opposti si attraggono e finiscono per essere un po’ autoreferenziali. E quindi per un Lotito che deve sempre infilarci la RomaSabatini è amico di Bielsa, lo ha chiamato per non farlo venire, ma la Roma ha poco da ridere, non ha né i soldi né la società»), c’è un Pallotta che si abbassa sempre a rispondergli, anche quando le frecciatine arrivano da ricostruzioni della stampa: «Lui è una barzelletta, mi fa ridere, ma mi dispiace per i tifosi della Lazio, si meritano di meglio». E ora i romanisti lo applaudono, sui social è un trionfo, tutti a sbellicarsi, grande Jim, gli hai risposto per le rime, well done. E tanti saluti, però, alla Roma americana che doveva conquistare il mondo o almeno uscire dal Grande Raccordo.

APPENA IN TEMPO – Povero calcio romano. Diciamo la verità, Bielsa se n’è accorto in tempo. Ha detto di lui Lotito, nell’ormai celebre comizio ai senatori: «Lo chiamano El Loco, ma io so’ ancora più matto». «Me so’ fatto incanta’. Volevo fa’ er fanciullino de Pascoli, ma adesso me trasformo in Machiavelli». «Lui vive nella Pampa sconfinata, ma qui ce so’ le regole». Tutta la vita la Pampa.

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