Manàmixer – La descrizione di un attimo

Manàmixer – La descrizione di un attimo

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E’ difficile rintracciare ancora dei segni di “romanticismo” nel calcio moderno, soprattutto nell’attuale campionato italiano, ostaggio della centrifuga mediatica, del macabro fantasma del calcioscommesse ma soprattutto immerso in un mare di polemiche che spesso e volentieri coprono, con il loro velo oscuro, le storie belle di uno sport in declino.

Protagonista assoluto di una di queste, è però quel “ragazzino” di 36 anni, all’anagrafe Francesco Totti, per i tifosi della Roma semplicemente “il Capitano”, ultimo intramontabile porta bandiera di un calcio che fu, nel quale i giocatori con la maglia numero 10, nascevano, crescevano e terminavano la propria carriera dedicando la loro vita sportiva ad un’unica maglia.

Si la maglia, quella giallorossa, tatuata addosso, lo spirito di un guerriero, le gesta di un capitano coraggioso, che ha scelto di amare la Roma dall’inizio alla fine, senza turbamenti, senza ripensamenti, barattando in cambio due o tre palloni d’oro, e forse una decina di trofei in più a livello nazionale ed internazionale.

Quando segni 224 goal con gli stessi colori sulle spalle ma soprattutto nel cuore, è difficile forse immaginare che ci possa essere ancora emozione nel vedere il pallone partire dal proprio piede destro e insaccarsi alle spalle di un qualunque portiere avversario. Dovresti essere abituato, non solo perchè da 20 anni fai lo stesso mestiere, ma perché semplicemente sei nato per fare goal e dopo tante stagioni, dopo tanti falli subiti, l’abitudine e la normalità diventano compagne quotidiane di una professione.

la Roma è una nave alla deriva, incagliata tra le acque anonime di metà classifica, sulla quale si è cercato per due anni di predicare invano l’utopia di una rivoluzione calcistica, fallita definitivamente nel giorno dell’esonero di Zeman, integralista Maestro del calcio spettacolo al posto del quale è stato scelto Aurelio Andreazzoli, figura paterna, lavoratore inesauribile, restauratore della normalità.

Gli allenatori passano, così come i giocatori e le stagioni, ma Francesco è sempre lì, al suo posto, e per l’ennesima volta è chiamato a riprendere per mano la Roma.

Una settimana difficilissima quella post Genova, in cui “si sono fatte troppe chiacchiere e pochi fatti“, il mister in conferenza difende i suoi uomini, il Capitano, supera l’amarezza del rigore rubato e attraverso il suo blog richiama tutto l’ambiente all’ordine, a difesa della “sua, della nostra e della vostra Roma“.

Sabato sera, all’Olimpico arriva la Juve, Campione d’Italia e prossima ad entrare nello splendido reame delle otto migliori d’Europa. Una corazzata, quella di Conte, che in molti credevano dovesse schiacciare i giallorossi, stritolandoli nelle loro paure e nelle loro contraddizioni.

Il riscaldamento sotto la sud, una mano tesa a quella tifoseria che dopo un anno e mezzo di pazienza aveva cominciato a contestare per troppo amore e per la frustrazione scaturita da vergognose sconfitte. La curva c’è e dopo aver risposto presente sceglie di sostenere (come sempre) i propri ragazzi, perché come diceva Agostino “ci sono i tifosi di calcio e poi i tifosi della Roma“.

Le due squadre si affrontano in maniera speculare, tanta corsa, tanto dinamismo, poca qualità ma d’altronde  si sa che in Italia la minestra, se cucinata bene, vale più di un intero pranzo poco gustoso.

Un equilibrio quasi perfetto che al 13′ minuto della ripresa si spezza: punizione di Pjanic dalla tre quarti, cross in mezzo, gran parte dei giocatori giallorossi si buttano verso la porta avversaria mentre uno si stacca, correndo nella direzione inversa, palla respinta fuori dall’area, quell’uno che aveva già visto tutto, come sempre, carica un destro di rara potenza colpendo nel cuore del pallone di collo destro, la palla scompare per un istante e riappare alle spalle di Gigi Buffon travolto dalla scia di un tiro d’altri tempi.

Lo stadio Olimpico sussulta per un secondo interminabile e poi esplode in un urlo di gioia, un boato spaventoso, braccia tese al cielo e occhi rivolti sul campo per seguire la corsa del Capitano che nonostante i 224 goal segnati ancora è lì ad emozionare e emozionarsi: un grido infinito, un viso trasfigurato, i compagni che lo travolgono sotto la sua curva, davanti alla sua gente.

La Roma batte la Juve 1-0, il goal di Totti fa il giro del Mondo e la descrizione di un attimo, veloce 113 km orari resta scolpita negli occhi dei presenti, estasiati dalla grandezza di un uomo che ancora una volta ha scelto la via più facile e decisiva per lasciare il segno e ridare serenità ad un intero ambiente: quella del goal.

Nordhal è a un passo, ma il destino ha già previsto tutto: a Bergamo Francesco non ci sarà per squalifica, stai a vedere che con il Genoa in casa toccherà rialzarci nuovamente ed applaudire il secondo bomber di tutti i tempi della Serie A, perché in fondo, nonostante più di qualcuno ci speri, “The King of Rome is not dead”…

 

 

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