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Antonio Mirante ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni del sito ufficiale del club. Questo un estratto:

Chi era Antonio da bambino?
“Ero un ragazzo timido, molto riservato, mi sentivo più maturo rispetto che all’età che avevo. Ero piuttosto solitario, diciamo che il mio carattere mi ha naturalmente condotto al ruolo di portiere, agevolato anche da mio fratello che, essendo di quattro anni più grande, mi metteva in porta quando giocavamo a palla io e lui”.

Quindi hai iniziato da subito in porta…
“All’inizio era una costrizione ma poi fortunatamente è diventato il mio ruolo preferito, non ho mai avuto dubbi anche se da bambino sentivo come tutti l’attrazione per l’attacco. Giocavamo tanto per strada, io stavo sempre con mio fratello e i suoi amici. Le porte le facevamo con gli zaini, con i sassi, con le macchine o oppure sceglievamo un cancello. Anche quella è stata una grande scuola. A ripensarci ora sembra un’altra epoca”.

(…)

Di che squadra eri?
“Io ho sempre tifato per la Juve Stabia. È una passione di famiglia, siamo di Castellammare e ci teniamo tanto. Mio zio è uno storico tifoso, andavo spesso con lui, con mio padre e con mio fratello. Anche oggi la seguo molto. Quando ero piccolo era in Serie C1, poi è fallita ed è ripartita dalla D fino a risalire in Serie B dove è tornata quest’anno. Oltre alla Juve Stabia molte squadre di Serie C dell’epoca avevano un grande seguito, la Nocerina, il Savoia, la Turris, la Casertana, tutte squadre che alle spalle hanno delle cittadine popolose. C’erano tante rivalità ed erano campionati di alto livello in campo e per le tifoserie al seguito. C’erano tante partite belle infuocate. Quando potevo andavo anche in trasferta con il gruppo del rione dove abitavo, Madonna delle Grazie”.

(…)

Hai affrontato la Roma tante volte: come la vedevi da avversario?
“Affrontandola da portiere di una squadra piccola è sempre stata tosta. Ho sempre avuto l’idea di una squadra con un grande legame con i propri giocatori, da Totti a De Rossi fino a Florenzi quando sono arrivato e anche Pellegrini ora. È una cosa per cui ho sempre ammirato la Roma oltre che per il livello dei calciatori. Ho avuto delle partite felici ma per lo più ho preso batoste”.

E poi sei arrivato in giallorosso…
“Questa occasione è arrivata in un momento in cui non pensavo di lasciare il Bologna. Credevo però che fosse arrivato il momento di fare un’esperienza in una grande squadra. Ho trovato un ambiente che mi ha sorpreso. La Roma viene dipinta come una squadra piena di pressione io invece percepisco tutt’altro. Ho trovato strutture fantastiche, un ambiente eccezionale e una società di alto livello”.

C’è un ricordo che ti è rimasto più impresso della tua prima stagione qui?
“L’andata dell’ottavo di Champions contro il Porto. È stata una delle partite più importanti della mia carriera. La cosa strana di quella partita è che nonostante stessimo vincendo per 2-1, nei minuti finali non sentivo il normale desiderio che la partita finisse. Mi sarebbe piaciuto continuare a giocare anche oltre il 90’ ed è la prima cosa che ho detto a mio padre dopo il triplice fischio. Mi sono gustato ogni minuto, dalla doppietta di Zaniolo fino al risultato finale. Peccato per il loro gol arrivato in maniera quasi fortuita”.

Venendo alla stagione attuale, con Paulo Fonseca e con il tuo staff come ti stai trovando?
“È stata una bella sorpresa. Si è imposto subito benissimo, ha avuto un grande impatto sul gruppo e tutti abbiamo sposato le idee che ha portato, il suo atteggiamento e la sua proposta di gioco. È stato un vero peccato aver attraversato un periodo negativo alla ripresa dopo la sosta natalizia. Dopo una bella prima parte di stagione, quel mese ci ha penalizzati oltre misura ma ci stavamo riprendendo dal punto di vista dei risultati e del gioco. Credo che Fonseca sia l’allenatore giusto per la Roma”.

Poi è arrivato lo stop: come hai vissuto il periodo di quarantena?
“È stata dura dovere interrompere la nostra routine fatta di allenamenti, ritiri e partenze per giocare in campionato e in coppa. Ma ognuno ha dovuto rinunciare alle proprie abitudini e non sarebbe giusto da parte nostra lamentarci. Mi ha fatto piacere che nessuno della squadra se ne sia andato da Roma. L’ho visto come un segno di grande attaccamento e senso di responsabilità. Siamo stati tutti rispettosi l’uno dell’altro. Io stesso non ho mai preso in considerazione l’idea di andare a casa a Napoli che è a un’ora e mezza di macchina da Roma”.

“In più la Società è stata fantastica, ci ha messo a disposizione da subito tutto il necessario per allenarci. Appena è arrivata l’ufficialità che la partita con il Siviglia non si sarebbe giocata, la prima preoccupazione della Società è stata la salute nostra e quella delle nostre famiglie. Anche per quanto riguarda le iniziative intraprese verso la città, non penso ci sia stato un Club migliore del nostro in questa fase. Mi ha reso davvero orgoglioso di farne parte”.

Com’è andato il rientro a Trigoria in questa fase?
“Non è stato facile ripartire essendo divisi in gruppi, con le mascherine, senza poter utilizzare lo spogliatoio o fare partitelle ed esercitazioni di squadra. Questi primi giorni li ho vissuti come una preparazione per le prossime fasi. Dal punto di vista organizzativo abbiamo trovato le migliori condizioni per poter rispettare le restrizioni di questa fase. È difficile non avere la certezza sul quando si riprenderà e su quante partite dovremo giocare. Questo sicuramente condiziona l’impostazione del lavoro ma fortunatamente abbiamo uno staff tecnico e medico molto preparato”.

Hai voglia di ricominciare a giocare?
“Sì. Parlando del campionato, fino a qualche settimana fa temevo sarebbe stato difficile un accordo su come poter tornare a giocare anche se da parte nostra c’è sempre stata grande voglia di riprendere. Penso che il calcio possa essere una grande spinta per tutti per ripartire”.

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