CORRIERE DELLO SPORT (G. D’UBALDO) – «A me piacerebbe restare, ma anche se mi avessero dato certezze in questo senso non mi sentirei al sicuro, di questo mondo non mi fido». L’ultima frase di Vincenzo Montella testimonia la delicata situazione della panchina giallorossa. La stagione è praticamente finita, alla Roma serve un punto maledetto per mettersi al sicuro dalla Juventus e rientrare in Europa, nella prossima stagione, dalla porta di servizio. Prima di lasciare Catania, uno stadio sempre ostile nei confronti della Roma, dove anche un ministro della Repubblica, l’onorevole Ignazio La Russa, accenna un movimento ritmico del corpo, pur restando seduto in tribuna, quando tutto il pubblico canta«chi non salta romanista è…», Montella dimostra tutta la sua personalità:«Arrivati a questo punto una cosa voglio dirla io. C’è un aspetto che tutti hanno dimenticato di tener presente: il mio pensiero. Perchè nel caso fossi scelto qualcosa devo chiarire anche io».
ESPERIENZA – Anche Montella, per restare con una squadra da rifondare, vorrà garanzie. Non è facile mettere mano a questa squadra e lui che l’ha guidata per tre mesi lo sa bene. Giocatori allo sbando, non è una questione di allenatore:«Ho fatto tutto ciò che potevo fare, in base alle mie competenze e conoscenze ho dimostrato,qualcosa soprattutto a me stesso. E’ stata una grandissima esperienza, comunque vada a finire. Sin dall’inizio ho ragionato su cosa potessi fare per far rendere al massimo i giocatori, pur andando lontano dalle mie idee e dai miei principi ». Un concetto che Montella aveva espresso anche alla vigilia di questa partita e che ribadisce con maggior vigore. Perchè chi deciderà sul suo futuro deve sapere che il giovane tecnico ha dovuto gestire una situazione delicatissima e per farlo ha dovuto adattare le sue idee. Il suo calcio non è quello visto a Catania.
PUNTUALIZZAZIONE – Sembra una dichiarazione di resa, ma Montella puntualizza che non è così:«Avete colto male il senso delle mie parole. Ho vissuto questa esperienza senza mai chiedermi cosa volessi fare da grande. Chi mi ha seguito ha potuto constatarlo, non mi sono posto un limite ma neanche un obiettivo a livello personale. Si è detto tutto e il contrario di tutto sul mio futuro, sono state fatte tante percentuali, ma io non mi sono lasciato condizionare e ho solo pensato a far ripartire la squadra». Ma le cose non sono andate come sperava. A Catania la resa è stata dettata anche da tanti problemi, non solo fisici:«Ci tenevamo a fare bottino pieno, sapevamo che non avremmo trovato un ambiente amico per i precedenti tra le due squadre, abbiamo fatto tutto il possibile e siamo arrivati a Catania tra mille difficoltà, altrese ne sono aggiunte nella notte, con la febbre di Borriello. Era evidente che non potevamo fare di più. A mezz’ora dalla fine non avevo più sostituzioni, ho dovuto fare tre cambi obbligati e Cassetti zoppicava da mezz’ora, Simplicio non ne aveva più, Rosi aveva i crampi. Troppi giocatori erano in condizioni precarie. Inevitabile il calo anche fisico che abbiamo avuto».
CORSA – Nella corsa alla Champions League sono state fatali le due sconfitte contro le siciliane:«Abbiamo fatto una grande rincorsa, forse la partita in casa con il Palermo è stata quella che ha pesato di più». Il Catania già salvo se l’è giocata con ardore fino alla fine:«E’ bello vedere partite come questa, credo che il calcio vero sia questo». Hanno pesato tantissimo in questo finale le squalifiche di De Rossi e Perrotta, due giocatori della loro esperienza hanno colpevolmente penalizzato la Roma. Ma non sono stati questi gli unici problemi di Montella, che è arrivato a Catania con una squadra a pezzi:«Pizarro e Juan erano a rischio e si è visto. Vucinic non stava bene». Ma oltre alle gambe è mancato anche il cuore.
FUTURO – Nel suo futuro, se non la Roma, potrebbe esserci la Sampdoria, che domenica arriverà all’Olimpico già retrocessa:«Sono sempre rimasto legato, sono un simpatizzante. Ma parlare adesso di ipotesi future è fuori luogo».