Osvaldo Osvaldo Osvaldo

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OSVALDOCORRIERE DELLO SPORT – M. EVANGELISTI – E poi ha capito che non lo avrebbero perdonato. Dopo il terzo gol ha affrontato il muro di fischi, come un rivoluzionario, come un eroe solitario, la bandiera sul petto unico scudo alle frecce sonore che piovevano dall’alto oscurando la sua giornata, battendosi le mani sul rosso della maglia, guardate qua, è questa che state insultando. Ma da là sopra quelli che fischiavano, una bella parte della Curva Sud, non vedevano altro che la faccia tremante d’ira di Pablo Daniel Osvaldo, ballerino d’area, aspirante musicista, miglior attaccante della Roma nei numeri, uomo dalla vita rumorosa.

E bravo ragazzo. «Questo vorrei che la gente pensasse di me. Che sono un bravo ragazzo. I miei compagni di squadra lo sanno». Infatti stavano lì a spezzargli il sogno di essere un eroe solitario, avvinghiandolo con la solidarietà, strizzandogli la cipolla di capelli sulla nuca, costringendolo a ricomporla alla fine del festeggiamento. Celebrazione divisa in due da una linea d’ombra, i fischi davanti e gli applausi dietro, molti più applausi che fischi. Però la disapprovazione di massa era comunque abbastanza ampia da convincere lo speaker a limitare dalle tradizionali tre a due le invocazioni liturgiche in cui lui urla il nome e i tifosi il cognome di chi segna: Daniel-Osvaldo, Daniel-Osvaldo, basta così.

FALSE VERITA’ – Che cosa avrà mai fatto di tanto grave Daniel-Osvaldo per disinnescare persino tre gol, interrompere la messa del tifo, da amico della domenica diventare nemico di ogni giorno? Qualcosa ha fatto, dice Andreazzoli, e qualche fischio lo ha meritato. Ha saltato una tournée per malattia, ha saltato un derby per dabbenaggine, ha preferito una visita a Londra alla tribuna dell’Olimpico. Ma non è questo, non è solo questo. «Su di me sono state raccontate tante cose non vere. La situazione si è fatta delicata. Ho passato un difficile momento personale. Ma ora sono contento. Io mi sono sempre impegnato, perché tengo a questi colori. Stavolta c’è stata anche la fortuna». (…)

L’ISTINTO – No, Osvaldo può sentirsi in guerra con se stesso e usare la chitarra come una spada, ma non è in ostilità con il pubblico. «Lo ringrazio, invece. I tifosi si comportano benissimo. Solo una parte mi contesta sempre. Ma io so che abbiamo bisogno di questa gente meravigliosa. Soprattutto adesso che mancano poche partite». Si sente solo dovunque sia, un volto arrabbiato tra la folla. Voleva ascoltare gli applausi e si è schiaffeggiato le orecchie per svegliarle. Ha annusato il fritto misto di incoraggiamenti e disapprovazione. Al secondo gol ha appena alzato le braccia in un volo immobile. Al terzo ha sfidato la curva, che lo ha ricambiato insultando lui e la madre in spagnolo.(…)

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