Passo lento

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3558753454LA REPUBBLICA – E. SISTI – Il progetto di Stramaccioni era di mettere pressione alla Roma con un modulo più aggressivo. Assenti Cassano e Milito, ecco il tridentino con Guarin dietro Livaja e Palacio. Propositi eccellenti ma risultati scarsi: prima di vedere l’area avversaria l’Inter dovrà attendere la fine del primo tempo. Zeman è invece in formazione tipo. Per mezzora la Roma fa il comodo suo, velocizza e rallenta, dalle fasce, liberi, spuntano Lamela, Piris, Balzaretti, Osvaldo, Totti. I loro cross accendono grandi speranze ma producono poco. Il risultato si sblocca al 21’: un assist di Totti fa litigare Osvaldo, Bradley e il pallone a dieci metri da Handanovic: poi una scivolata di Ranocchia stende l’americano. Rigore da danno procurato, generoso. Roma in meritato vantaggio e Totti che con 222 gol si avvicina come una formichina incendiaria al pompiere Nordahl (226). L’Inter non reagisce. Le manca il fosforo. A centrocampo avrebbe bisogno di un orologio coi piedi, uno che detti i tempi e sappia far gioco. Non avendolo persevera nella sua specialità: lanci lunghi per nessuno. E’ ancora la Roma a minacciare. Ci provano Osvaldo, Lamela, Florenzi (il migliore di tutti finché regge). Ma siccome il calcio è anche umore, quello nerazzurro sale quando Livaja s’inventa una mezza girata di controbalzo che si stampa sul palo (37’). E’ così che l’Inter scopre che si può, che l’area avversaria non è un bene da rispettare: semmai da invadere. Mentre Guarin e Livaja crescono, pure Goicoechea infonde coraggio a Stramaccioni con qualche uscita alta delle sue. Di Guarin il merito totale del pari ospite: tira, lo murano, crede nel rimpallo più di Castan e Marquinhos, e crossa (la palla era uscita?) teso, basso, corto, dove c’è Palacio, fino a quel momento impalpabile: 1-1.

Nel secondo tempo Zeman lascia sotto la doccia De Rossi infortunato. Dentro Tachsidis. Gli chiede di stare più alto. Lui macina per quel che sa, ma più che altro deve cucire perché la Roma si sta lentamente slabbrando. L’Inter è rientrata per giocarsela con le ripartenze, è evidente che negli spogliatoi si sono detti: “Andiamo a vincerla!”. Però è Osvaldo a presentarsi solo davanti ad Handanovic per il 2-1 (6’). La partita s’anima soprattutto a causa dei suoi accresciuti difetti tecnico-tattici. Le squadre vanno simultaneamente in confusione. Gli appoggi sbagliati non si contano. Totti si ostina in dribbling. Balzaretti corre a passo di danza lenta. Guarin è nevrotico nel cercare il tiro. Bradley, Pereira e Gargano sono imprecisi come se li avessero bendati. Si prosegue con un calcio incerottato, fatto di mezze idee, mezzi lanci, mezze occasioni e un’infinità di palle perse. È come se nel secondo tempo le due squadre, complici nella mediocrità, si fossero messe d’accordo per allestire una allegra, grottesca baruffa. È vero: spuntano due palle-gol per la Roma, ma nei piedi sbagliati e per ben due volte: quelli di Piris, (34’ e 35’). Zeman prova con Destro per Totti. Stramaccioni con Rocchi per Livaja. La Roma pare crederci di nuovo, ma la stanchezza uccide anche i sogni. L’ultimo dei quali è un calcio a giro di Lamela cui Handanovic dice no (38’). Dopodomani si replica, stesso campo, stessa ora, per l’andata della semifinale di Coppa Italia.

 

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