Pellegrini: “Mourinho mi ha insegnato cose impensabili. Totti fondamentale per me. Zaniolo?...

Pellegrini: “Mourinho mi ha insegnato cose impensabili. Totti fondamentale per me. Zaniolo? Come un fratello minore”

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Campionato di calcio serie A 2022/2023 Sampdoria vs Roma

Lorenzo Pellegrini è stato intervistato nell’ambito della rubrica “DAZN Heroes”. Ecco le parole del capitano giallorosso:

Quale è il tuo primo ricordo della Roma?
Non posso non pensare alla famiglia e a mio papà. Al di là delle partite che mi portò a vedere allo Stadio Olimpico, che alla fine non furono neanche tante perché dopo finì con la vittoria dello Scudetto. Era molto impegnativo portarmi allo stadio, avevo 5 anni. La prima cosa che mi viene in mente è sicuramente mio papà, vive la partita come se fosse allo stadio nonostante fosse a casa”.

Con il Parma ti portò?
“No, ma era bello anche solo stare a casa. Mi ricordo i festeggiamenti in città, bandiere della Roma per quattro mesi. L’entusiasmo e la passione della gente si vive ogni giorno, ogni istante. Quando si passeggia per strada ti salutano, qua è così. Per me non si vive da nessun’altra parte”.

Il primo gol in Serie A.
“L’emozione fu grandissima, anche perché non fu facile trasferirmi, ma fu una mia decisione. Quell’anno c’era Rudi Garcia e con lui ho un bellissimo rapporto, è un allenatore top e lo stimo infinitamente”.

Lui è quello che ti fece esordire a Cesena.
“Sì. Non essere più il ragazzo della Primavera mi ha fatto tanto bene, tanto che i primi mesi al Sassuolo non giocai mai, saltai le prime 10. C’erano degli aspetti in cui dovevo migliorare per poter giocare a certi livelli. Contro il Cagliari in Coppa Italia giocai 90 minuti, la domenica subito dopo accadde la stessa cosa e mi sentii benissimo. Mio padre ha la maglia del primo gol”.

Sul passaggio dalla Primavera alla Serie A.
“Mi vengono attribuite un sacco di cose, ma non si dice mai che sono un lavoratore, non lascio niente al caso. Entro a Trigoria e so che devo lavorare sia per me sia per dare l’esempio agli altri. Sono anche molto esigente verso gli altri. Lì ero alle prime armi, avevo fatto 6/7 mesi fisso in prima squadra, ma ero principalmente della Primavera. Quando fai il salto in Serie A ti cambia il mondo, ma quando hai 18 anni e hai la possibilità di condividere lo spogliatoio con gente di 33/34 anni ti viene naturale chiederti di più”.

Su Totti.
“Con lui ho sempre parlato molto liberamente, per me lui è Francesco, non è una cosa che si può spiegare. Conoscere Totti è stato importantissimo per me, mi è stato sempre affianco e mi ha aiutato. Lui è una persona eccezionale e con un grande cuore. Credo che le promesse a cui lui si riferisse non siano fare 100 gol all’anno o vincere un milione di trofei, ma avere la responsabilità di meritarsi quello che si ha”.

Sulla fascia da capitano.
“Quando la indossi provi un brivido incredibile, ma alla fine della partita bisogna entrare con la fascia da capitano anche nello spogliatoio e nelle riunioni tecniche. La fascia è la realizzazione di un sogno, ma conta essere capitano”.

Sulla maglia numero 10.
“Non ho mai pensato di prenderla perché il 7 è il mio numero preferito. Quando ho visto che era libero non mi sembrava vero. Non avrebbe senso cambiare numero, alla fine conta ciò che fai in campo. Quando vedi la 10 pensi solo a Francesco, mi piace ed è giusto che sia così”.

Nel tuo essere capitano, c’è qualcosa che hai visto da Totti e De Rossi e hai fatto tuo?
“Loro sono due simboli di Roma e lo saranno per sempre. Ciò che mi piaceva tanto di Francesco è che quando si entrava in campo non si parlava, ma lui è come se potessi sentirlo. Tutti riconoscevano in lui questa leadership e questo mi piace tanto perché so che con il mio carattere posso aiutare un compagno in difficoltà, posso fargli sentire meno pressione. A me piace dare l’esempio e a volte le parole non bastano”.

Su Zaniolo.
“Ho un rapporto particolare con lui, per me è come un fratello minore. Mi dispiace che tante volte viene fatto passare per quello che non è. Zaniolo è un ragazzo speciale e un calciatore straordinario. So che giocatore è e quanto sia forte”.

La finale di Conference League.
“Non l’ho mai rivista e mai lo faro”.

Perché?
“Non c’è bisogno di vederla, basta che entro a Trigoria e c’è la coppa. Mi ricordo tutto”.

Scorrono le immagini della festa a Tirana. Che effetto ti fa?
“Che ne voglio vincere un’altra. Questo effetto qua”.

La festa a Roma.
“Non so spiegartelo, è stata un’emozione talmente grande perché in questi anni sono state tante le cose difficili da gestire sia qui sia personali. Io sono uno ambizioso, non vengo a Trigoria per allenarmi e poi vado a casa. Quando sto a casa penso sempre a migliorarmi e a cosa possa fare a Trigoria. Non dico che per me vincere questa coppa era una cosa dovuta, scontata, perché comunque abbiamo dovuto lottare e sudare tanto per conquistarla, però era il mio sogno. I sogni sono belli quando li realizzi”.

Nella mentalità di Pellegrini che posto occupa Mourinho?
“Il primo. Mourinho è fondamentale, mi ha insegnato delle cose che non avrei mai pensato. La cosa che mi piace di più è che non gli basta mai. Se non vince il prossimo trofeo sta male. Se non vince domenica sta male. Ti fa esprimere al 100% e ti fa percepire la passione di una persona che ha vinto tutto e ha ancora voglia di vincere una semplice partita. Abbiamo vissuto solo una finale con lui e non si parlava di altro che vincere”.

Cosa ti ha sorpreso?
Mi ricordo che non avevamo vinto una partita e il suo modo di essere ti contagia. Quando non si vince c’è un’aria pesante. Chi non dà peso a una vittoria o a una sconfitta non può stare qui dentro. Lui entrò dentro lo spogliatoio e disse che era molto soddisfatto e che c’era un feeling importante”.

Sulle punizioni.
“I primi anni che ero qui ho avuto la possibilità di allenarmi con Kolarov, lui prendeva la rincorsa, mi guardava e diceva ‘Su questa non ci può fare niente il portiere’. Batteva e segnava. Lui mi aiutò tanto perché a lui non piaceva la mia rincorsa, infatti l’ho modificata. Contro il Cagliari mi veniva da ridere, mi hanno sempre chiesto perché la tirassi. Ho fatto dei miglioramenti e mi sono tolto delle soddisfazioni. La punizione contro il Cagliari è stata una liberazione. Adesso quando c’è una punizione mi sento in obbligo di dover fare bene”.

Il gol di tacco contro l’Hellas il più bel gol della tua carriera?
“Sì, anche la punizione nel derby contro la Lazio. Il primo contro i biancocelesti è però quello a cui sono maggiormente affezionato. Era un brutto periodo, penso che fossimo in ritiro e quel gol ha cambiato tante cose”.

L’esultanza con le mani sulle orecchie?
“Non è una polemica, è che sono talmente tanto felice che non vedo l’ora di sentire le persone che urlano il mio nome”.

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