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Pozzo (Pres. Udinese): “Tornare a giocare il 13 giugno è un insulto: ci sarà una mattanza di infortuni”

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«Attorno a noi si è creato un grande equivoco, in nostri medici sono preoccupati dal fatto che non esiste una legislazione in grado di chiarire bene la loro responsabilità penale. Io, da azionista dell’Udinese, non posso risolvere una questione penale: da noi i Tribunali funzionano bene e vogliamo rispettare la legge. Per tranquillizzare medici e dirigenti, la scorsa settimana ho sentito il dovere di scrivere la lettera, che non c’entra niente col fatto di non voler giocare, perché noi vogliamo giocare». Così il patron dell’Udinese, Giampaolo Pozzo, intevenuto a Radio Anch’io lo sport,ha spiegato l’episodio della lettera inoltrata alle istituzioni sportive sulla ripresa degli allenamenti, fatto che ha causato frizioni nell’ultima Assemblea di Lega.

«Non siamo d’accordo sul fatto di tornare a giocare il 13 giugno, è un insulto all’intelligenza – aggiunge -: se ascoltiamo qualsiasi preparatore atletico dirà che, dopo due mesi di inattività, al calciatore serve minimo un mese di allenamento vero. Oggi ci stiamo ancora allenando con gradualità. Sarebbe opportuno trovare una soluzione logica per giocare, evitando infortuni. Si guarda con trionfalismo alla Germania, ma loro già hanno diversi infortuni e giocano solo una partita alla settimana; da noi se ne vogliono giocare due a settimana, dopo esserci allenati 15 giorni. Sono favorevole a ripartire, ma in sicurezza. C’è ancora il tempo, ma facciamolo con il cervello».

«Da noi c’è una grande dose di individualismo, di egoismo, qualcuno vuole fare il furbo, giocando con il pallone: io ne ho le prove – prosegue Pozzo. Il primo Protocollo, che prevedeva la quarantena ai giocatori per tutta la durata della fase finale del campionato, era impossibile da applicare: per me, e per essere coerenti, c’è bisogno di tutto il mese di giugno per allenarsi bene. A fine giugno, poi, si ricomincia. Bisogna trovare un accordo. Abbiamo perso tre mesi, non per capriccio, si può spostare tutto».

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