Roma, Digne: “Totti e De Rossi sono dei leader. L’esperienza al Psg...

Roma, Digne: “Totti e De Rossi sono dei leader. L’esperienza al Psg mi ha fatto crescere tanto, ma non so quale sarà il mi futuro”

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Il difensore della Roma, Lucas Digne, ha rilasciato una lunga intervista al mensile francese So Foot. Queste le sue parole: “Come è stato vedere esonerato l’allenatore che mi ha voluto qui? Sono venuto a Roma per il club, per il progetto, non solo per l’allenatore. Ovvio che lui abbia giocato un ruolo importante nel mio trasferimento, ma gli esoneri sono cose che succedono. Giocare la Champions? Sono partite piacevoli da giocare. Quando affronti gente come Messi o Suarez è difficile, ma ti migliora. Puoi migliorarti infatti solo confrontandoti con i più forti. Come mi sono integrato? Il primo giocatore che ho incontrato è stato Totti e ha chiesto agli altri di lasciarmi in pace. Mi sono integrato bene, questa è una grande famiglia e facciamo attività insieme anche fuori dal campo. Non sono l’unico inoltre a parlare francese, ci sono anche Pjanic e Vainqueur, anche se sto imparando l’italiano: non lo parlo benissimo, ma capisco quello che si dice. Totti e De Rossi? Non esistono più al giorno d’oggi tanti calciatori che decidono di rimanere nello stesso club. Totti è la Roma, quando parli di lui rappresenti la squadra e viceversa. Anche De Rossi è un simbolo. Sono due leader e quando dicono qualcosa siamo lì pronti ad ascoltarli. Il mio rapporto con Maxwell del Psg? Ottimo. Mi ha dato tanti consigli utili, è il compagno modello. È davvero un grande professionista, arriva prima di tutti all’allenamento e non è un caso che fisicamente sia messo meglio di tanti giovani. Pentito del trasferimento al Psg? Onestamente no. Lì ho vinto 7 trofei, tra cui uno storico poker. Rifarei la scelta, anche sapendo di avere davanti Maxwell come titolare. A Parigi sono migliorato, sono cresciuto, arrivando a essere un giocatore da Roma. Ne parlo al passato? Oggi sono della Roma e sono totalmente concentrato su questa squadra. Nel futuro poi si vedrà. Le mie parole a una radio romana sono state travisate, ho detto che non dipende da me, ma che mi piacerebbe restare. I miei esordi giovanili? La mia squadra di allora, il Crepy-En Valois, mi fece fare un provino per il Lille e mi presero. Conoscevamo già la mia famiglia dato che avevano ingaggiato mio fratello Mathieu e mio padre credeva che quello fosse il club migliore per la mia crescita personale. Mio fratello? Gioca ancora in una squadra dilettantistica. Nell’Under 18 ha subito tanti infortuni e non è stato semplice per lui tornare in campo. Quale allenatore ha contato di più per me? Tutti mi hanno dato qualcosa. Il preparatore atletico Benoit Delaval mi ha sempre spalleggiato, Alain Wallyn mi ha schierato per la prima volta terzino nell’Under 14; prima infatti facevo l’ala o l’attaccante, segnavo poco ma ero veloce, così decise di cambiarmi. Ricordo con piacere anche Adam e Shihab, che mi hanno allenato nell’Under 18 e in quarta divisione. Il mio cambio di ruolo? Avvenne a 13-14 anni e mi sono trovato subito bene. Quando a dirtelo è un ex giocatore professionista non ci rifletti molto, sai che quella è la strada. Il mio ricordo più bello al Lille? Il gol al Copenaghen nei preliminari di Champions. La prima convocazione in Nazionale? Una soddisfazione incredibile. Ero a casa con mia moglie e ho iniziato a ricevere messaggi di congratulazioni. Lì ho capito (ride ndr), anche se non me lo aspettavo affatto. Il Mondiale? Lì fu diverso invece. Rimasi incollato alla tv con la mia famiglia aspettando le convocazioni. Quando giocai al Maracanà fu pazzesco: era la prima volta da titolare, la prima in un Mondiale e per di più nel Paese del calcio, il Brasile. Che potevo chiedere di più?! Peccato solo per la sconfitta contro la Germania, potevamo fare meglio”.

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