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FOCUS CGR – Rivoluzione societaria, dirigenziale e forse tecnica. La Roma nella notte tra il 5 e il 6 agosto ha salutato definitivamente l’era Pallotta. Dan Friedkin dopo nove mesi di lunghe e tortuose trattative, tra rialzi veri o presunti, arabi veri o presunti, silenzi e ansie, ha raggiunto l’obiettivo: acquistare l’As Roma per tentare di prenderla per mano e accompagnarla in una dimensione superiore. Il lavoro finanziario, organizzativo, logistico e sportivo appare oggi un Everest da scalare, ma la nuova proprietà non ha nessuna intenzione di perdere tempo. Dopo le obbligatorie formalità legate al closing (che come anticipato da CGR si materializzerà entro il 17 agosto), inizierà la costruzione della prima Roma texana, con le principali incognite dovute ai tempi serratissimi dettati dalla ripresa post pandemia.

In attesa di conoscere gli uomini a cui sarà demandata la ricostruzione, è possibile enucleare sei calciatori sui quali, al 99%, la nuova proprietà costruirà l’architrave della Roma 2020-2021. Ad oggi, 10 agosto, sarebbe più corretto dire 5 + 1: Jordan Veretout, Nicolò Zaniolo, Lorenzo Pellegrini, Henrikh Mkhitaryan, Edin Dzeko e si spera, visti gli ultimi segnali social, anche Chris Smalling. Qualità, esperienza, freschezza, spessore internazionale, trait d’union tra passato, presente e futuro.

Chris Smalling va ovviamente acquistato dal Manchester United, ma la sua voglia di tornare nella capitale per restarci il più a lungo possibile, è ormai nota ai più. L’ultima svilente uscita ufficiale a Duisburg contro il Siviglia, ha decisamente reso l’idea di che forma difensiva la Roma avesse assunto con il britannico e a quali difficoltà vada incontro invece la retroguardia giallorossa senza. Raramente in questi ultimi anni uno straniero, per giunta arrivato dal campionato inglese, ha avuto un impatto così rapido e positivo nel nostro torneo. Smalling si è preso la titolarità e il ruolo di leader difensivo nello spazio di un paio di partite, offrendo prestazioni da ‘dominus’ del reparto per larghi tratti della stagione e contribuendo alla crescita di due giovani ragazzi come Mancini e Ibanez, che al suo fianco avrebbero (avranno) modo di consacrarsi.

Jordan Veretout, qualità-prezzo, è stato forse il miglior acquisto della breve era Petrachi: giunto dalla Fiorentina con le scorie di un problema alla caviglia che gli ha impedito la scorsa estate di svolgere il ritiro pre-campionato in gruppo, dalla terza giornata in casa col Sassuolo ha acceso i motori e non li ha di fatto più spenti, salvo qualche fisiologica battuta a vuoto nelle gare immediatamente successive alla sosta natalizia. Rigorista glaciale, centrocampista ‘box to box’, amano dire i suddetti inglesi, il francese è nel mirino del Napoli, ma se non ci saranno sorprese, sarà il mediano da cui ripartirà Fonseca o chiunque altro siederà sulla scottante panchina giallorossa.

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Nicolò Zaniolo non merita grosse spiegazioni. Enfant prodige da plasmare e lanciare definitivamente nel gotha del calcio europeo. Lo sforzo post operatorio per recuperare e mettersi a disposizione dei compagni denotano una generosità d’animo, che riflette anche il suo esuberante modo di vivere il calcio e la vita. Dinamite pura, talento, cardine per il presente e per il futuro, con margini di crescita esponenziali e la voglia della nuova proprietà di ergerlo a simbolo della ricostruzione.

Lorenzo Pellegrini è il fil rouge tra tradizione e modernità. Centrocampista elegante, mezzala con visione di gioco sopra la media, trequartista che ama imbucare il pallone creando spazi lì, dove non appaiono ai profani. Una descrizione che calza a pennello sul Pellegrini 1.0, quello ammirato per tutta la prima parte di stagione e che da marzo in poi sembra però aver smarrito la condizione mentale necessaria per assurgere al ruolo di protagonista. Gli infortuni sfortunati e gravi subiti nel corso dell’annata lo hanno decisamente limitato. Urge immediato reset e rigenerazione.

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Henrikh Mkhitaryan, l’anello di congiunzione tra la Roma competitiva e la speranza di poter tornare ad esserlo il prima possibile. Lampi di classe e tanti pit stop di natura fisica nella prima parte dell’anno, poi la continuità a suon di gol e assist decisivi. Gravemente assente contro il Siviglia, ma una partita non oscura il valore assoluto del calciatore. Intelligente tatticamente, essenziale, quasi minimal nella giocata decisiva, insomma fondamentale per una Roma che ambisca a tornare grande.

Edin Dzeko, 19 gol e 14 assist alla casella stagione 2019-2020. Non male per il ‘cigno di Sarajevo’, che salvo sorprese dal mercato, si accinge a vivere la sua sesta stagione in maglia giallorossa. La carta d’identità chiama 35 primavere ma in alcune porzioni di gara o di stagione, sembra uno scherzo di qualche detrattore, perchè la classe del bosniaco è a tratti tracimante. In altri rischia però anche di esser un limite da riequilibrare con un acquisto in attacco che gli dia supporto, riposo e che di fatto possa allungargli la carriera. Capitano, leader tecnico, non temperamentale. Ma inserito in una Roma che funzioni da prua a poppa, può esser fattore ancora decisivo. 

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