Roma, un Pastore di nome Eusebio

Roma, un Pastore di nome Eusebio

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IL MESSAGGERO (S. CARINA) – «Ho scelto la Roma perché voglio tornare a sentirmi importante». Sono state le prime parole pronunciate da Pastore al suo arrivo nella capitale. C’è ancora tutto il tempo per adempiere a questa volontà ma l’avvio, inutile negarlo, non è stato dei migliori. Prima le difficoltà tattiche nel ruolo di mezzala nel 4-3-3, poi i due infortuni ai polpacci. Il primo in amichevole a Benevento, il 6 settembre. L’altro nel derby, proprio quando la virata tattica sul 4-2-3-1 sembrava il trampolino di lancio per l’argentino. E siccome quando il fato vuole, sa essere alquanto perfido, ora nel ruolo di trequartista è esploso Pellegrini. Un gol, un assist contro la Lazio (più si è procurato la punizione, poi realizzata da Kolarov), un assist a Under più un’altra partita di altissima qualità con il Plzen e ancora la palla per l’1-0 di Nzonzi a Empoli. Senza contare che con il nazionale azzurro la Roma appare più equilibrata, avendo un centrocampista capace di regalare dinamicità ad un reparto che ne difetta. Ora, con il rientro dell’argentino (tornerà con la Spal), cosa accadrà? Perché Pastore non è un giocatore qualsiasi e il sacrificio economico estivo per acquistarlo a 29 anni non è stato indifferente. L’impressione – al netto dell’abbondanza che ogni allenatore va cercando, a parole, ma che si trasforma a volte in un boomerang – è che gestirlo non sarà semplice. Il motivo non può essere tecnico. La qualità di Pastore, se non bastano i due gol di tacco ad Atalanta e Frosinone, è riassunta nelle parole di Maradona: «Javier (all’epoca 20enne, ndc) è un maleducato del calcio, uno che tocca la palla come se avesse giocato 4-5 mondiali». La questione è dunque meramente tattica, dovuta alla costruzione estiva della Roma. Se nel 4-3-3 le perplessità sull’adattamento del Flaco nel ruolo di mezzala sono state poi confermate dal campo, il 4-2-3-1 dovrebbe essere il modulo cucitogli addosso. Il condizionale è però d’obbligo, almeno in questa Roma.

DIFFICOLTÀ TATTICHE – I due mediani sono infatti De Rossi e Nzonzi che forti di mille qualità (interdizione, esperienza, capacità di leggere l’azione, fisicità) difettano in velocità. Dote che non possiede nemmeno Pastore. Immaginare quindi un 4-2-3-1 con il trio già citato, più tre attaccanti (Under-Dzeko-El Shaarawy) è tanto affascinante quanto pericoloso. La Roma può permetterselo con il Frosinone o con altre squadre di bassa classifica ma difficilmente lo può riproporre nei big match. Perché finché la palla è dei giallorossi è una gioia per gli occhi, ma quando finisce tra i piedi degli avversari chi corre? Chi recupera il pallone alto visto che Nzonzi e De Rossi tendono entrambi ad abbassarsi? Anche nel derby, l’avanzamento di Florenzi nel tridente offensivo non è bastato. Pastore, finché è rimasto in campo, ha rappresentato un punto di riferimento per Leiva che invece è andato in tilt quando è subentrato Pellegrini, capace anche di sacrificarsi in copertura con la squadra, in fase di non possesso, schierata con il 4-4-2. Ora tocca a Di Francesco. L’ennesima sfida in una stagione già di per sé complicata.

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