I Friedkin, quando sbarcarono a Trigoria, attraverso un comunicato, dissero che la Roma era un gigante dormiente. Beh, s’è svegliato. Un po’ come il marchese del Grillo. Ma qui non c’è nessun Ricciotto a darcene conferma. Per-ché, si sa, la Roma società non parla da mesi, preferendo far parlare i fatti. E allora, dopo una prima parte di mercato trascorsa con il freno a mano tirato, conseguenza di scelte forse fin troppo ponderate (il nuovo ds Ghisolfi è stato ufficializzato solo a giugno), ora la società giallorossa sembra proprio che voglia alzare la voce.
L’acquisto del piccolo e ancora misterioso svedese Dahl per andare a completare la fascia sinistra, alternativa di quell’Angelino che era stato il primo acquisto con un riscatto da cinque milioni; l’arrivo di un prospetto di campione come l’argentino Soulè per ventisei milioni più quattro di bonus; passi avanti probabilmente decisivi per il nuovo centravanti, l’ucraino Dovbyk (capocannonie-re dell’ultima Liga), per un esborso che sarà superiore ai trentadue milioni di base fissa. Tanta roba.
Come scrive la Repubblica, la famiglia Friedkin, una volta scaduto quel transfert balance che nelle due precedenti stagioni era stato un’autentica spada di Damocle sulle ambizioni romaniste, hanno deciso di investire in maniera solida, alla faccia di quei venti-trenta milioni di buget che si pensava ci fossero al netto delle uscite. Nel momento in cui scriviamo, e dando per concluso l’acquisto di Dovbyk (come è molto probabile per quello che sappiamo), la Roma fin qui ha speso al netto dei bonus 92,5 milioni (5 per il riscatto di Angelino, 23 Le Fée, 4,5 Dahl, 26 Soulè, diciamo 34 per l’ucraino), a fronte di incassi pari a 25 milioni (12 Aouar, 5 Belotti, 81a percentuale per la cessione di Calafiori all’Arsenal).