Turnover, gol e vittorie: il difranceschismo paga

Turnover, gol e vittorie: il difranceschismo paga

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LEGGO (F. BALZANI) – Turnover? No, problem. Anzi, la concorrenza “leale” sta facendo la differenza in positivo nella Roma di Di Francesco. Tra gli ingranaggi sempre più oliati della squadra giallorossa, infatti, c’è un meccanismo di rotazione fin qui perfetto che ha portato il tecnico ad impiegare tutti e 19 i giocatori di movimento a disposizione. Fatta quindi eccezione degli infortunati di lungo corso Karsdorp ed Emerson e dei portieri Skorupski e Lobont. Per tutti gli altri c’è stato modo e tempo di farsi notare, senza invidie e senza quei musi lunghi che invece si erano visti la scorsa stagione. Giocatori messi in naftalina da Spalletti come Jesus, Gerson o (per gran parte della stagione) El Shaarawy hanno ritrovato il sorriso. Altri come Perotti hanno accettato di agire in posizioni che prima mal digerivano. Giovani come Under e Pellegrini hanno avuto e sfruttato le loro chance. Esperti come Gonalons o Fazio hanno aspettato con pazienza il loro momento. Una vera e propria doppia squadra, come aveva chiesto Di Francesco e come aveva promesso Monchi a inizio mercato. Oltre al buonumore dello spogliatoio, poi, ci sono i risultati. La Roma in queste prime 6 gare non è mai andata in svantaggio collezionando numeri superiori alla scorsa stagione: 4 vittorie, 12 gol fatti, 4 subiti. E cambiando sempre gli interpreti titolari. Di Francesco tra Benevento e Udinese ne ha cambiati cinque, lo stesso aveva fatto tra Atletico e Verona. E probabilmente lo stesso farà tra Qarabag e Milan, ultimo ostacolo prima della sosta. Rotazione con due punti cardine: Kolarov e Dzeko. Entrambi hanno sforato quota 520’ giocati per due motivi: stato di grazia e assenza di alternative, visto che Emerson e Schick sono fermi ai box. Poi rifiateranno anche loro, perché nel programma di Di Francesco al punto 1 c’è la necessità di non spremere i singoli e di averli in condizione quando in palio ci saranno quei trofei che Eusebio preferisce ai record. E per vincere i trofei, c’è bisogno di tutti. Lo insegna la Juve.

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