Una grande Roma passa al San Paolo, Dzeko spietato. La Juve sorpassa?

Una grande Roma passa al San Paolo, Dzeko spietato. La Juve sorpassa?

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La Gazzetta dello Sport (S.Vernazza) – A furia di rimirarsi e dirsi quanto si è belli, viene la notte in cui lo specchio si rompe e i cocci feriscono. Clamoroso al San Paolo, il Napolidella grande bellezza crolla al cospetto di una Roma senza trucco, ma sicura di sé, priva di complessi, il classico tipo che piace. Capolista in attesa di giudizio: la squadra di Sarriconserva il primato, però si ritrova la Juve a meno uno e la Signora, come è noto, deve recuperare la gara con l’Atalanta, per cui parliamo di un primo posto virtuale e di un potenziale più due dei bianconeri in vetta. Nulla è perduto per i sarriani, ma la botta è fragorosa e non sarà di facile assorbimento perché mina certezze, toglie sicumera, anche se quest’ultimo aspetto sarà salutare. Gli scudetti non si vincono soltanto con la presunzione di sé, a volte servono un po’ di ignoranza e di bruttezza. In attesa che giochi l’Inter, la Roma scavalca la Lazio al terzo posto e Di Francesco si ripiglia quel che forse aveva un po’ perduto, la piena fiducia dei giocatoriAlisson e Dzeko sono stati protagonisti di prestazioni monumentali. Se hai portiere e centravanti forti, dicevano i vecchi allenatori Guardiola-esenti, il più è fatto.

PSICO-BOTTA – Il gol di Dybala agli sgoccioli di Lazio-Juve è stato devastante per la psiche del Napoli. I sarriani avevano fatto la bocca allo 0-0 dell’Olimpico, pregustavano l’occasione di salire a più sei, seppure temporaneamente, e però prima di cominciare si sono scoperti con la Juve attaccata al collo. Difficile ricalibrare la testa. Per paradosso, ma non troppo, sarebbe stato tutto più semplice se la Signora fosse andata in vantaggio con largo anticipo. Viceversa, con la mazzata del Dyba-gol a meno di un’ora dal calcio d’inizio del San Paolo, il Napoli è stato costretto a riprogrammarsi nelle motivazioni e nei pensieri. L’avvio degli azzurri è stato buono, venti minuti di discreto sarrismoInsigneha schiodato subito lo 0-0, ma c’è stato l’immediato pareggio romanista, figlio di un inconscio rilassamento altrui, come se il Napoli avesse pensato che il più fosse stato fatto, eppure si era agli albori del match. Quel «down» mentale è stata l’ulteriore spia di un disagio. Di Francesco ha costruito una Roma a due piani, due linee strette tra difesa e centrocampo, per una sorta di 4-5-1 in non possesso, con particolare pressione sui palleggiatori azzurri della mediana e relativo disinnesco dei tre. Ingarbugliare, sporcare e ripartire i tre verbi declinati dai giallorossi. Fisiologiche concessioni sulle fasce, con Florenzi e Kolarov costretti a remare da terzini vecchio stampo. Non a caso l’azione più gettonata dal Napoli è stata la palla dai lati per Insigne, bravo a smarcarsi a in area, ad arretrare quel tantino che occorreva per lasciare a mezza via Manolas e Fazio(lo prendi tu o lo prendo io? Lo prendono altri?). Più di Insigne e dei suoi ripetuti tiri hanno però potuto l’aggressività romanista nel recupero palla e il ritrovato attivismo di Nainggolan, abile a camuffarsi in zone diverse.

REAZIONE E RESA – Risalito dall’intervallo in svantaggio di un gol, il Napoli si è riversato nella metà campo avversaria, per 20 minuti in cui la Roma alle corde si è aggrappata ai guantoni di Alisson e ha dimostrato enorme attitudine alla sofferenza. Il Napoli è stato arrembante, ma monocorde, con la sola soluzione offensiva del tiro di Insigne, via via sempre più leggibile. La forbice tra i piani di rimonta degli uni e le capacità di resistenza degli altri ha cominciato ad allargarsi e nel cuore della ripresa è salito sul ponte di comando Dzeko, formidabile nel doppio ruolo di rifinitore-smistatore e stoccatore. Quando il bosniaco ha infilato il terzo gol, il secondo personale, è stato chiaro a tutti che non ci sarebbe più stato nulla da fare. Neppure l’inserimento del redivivo Milik ha spostato qualcosa. La Roma ha portato a casa la 15a vittoria nelle ultime 20 trasferte in campionato. Una squadra a trazione esterna, che ieri ha vestito maglie con tratti arancioni, il colore dell’Olanda, squadra che sempre ricordiamo volentieri, con rispetto e ammirazione.

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