Villar l’Euclideo e Mancini il Marine abbattono i Gufi

Villar l’Euclideo e Mancini il Marine abbattono i Gufi

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,AS Roma v FC Inter,Serie A

Nordista Romanista di Pino Vaccaro

Senza il volo d’angelo e la torsione alla Van Basten di Mancini, per 5 giorni, fino al derby, ci saremmo sorbiti la stucchevole litania della Roma che floppa automaticamente con le grandi. Peccato amici gufi, vicini e lontani, il “Marine” di Pontedera ha imbracciato il fucile e ha impallinato Handanovic sul palo lontano, neutralizzando sul nascere il processo del dopo partita.

Sarebbe stato un peccato mortale sprecare il ricamo favoloso di Villar. Una parabola magica disegnata col piede sbagliato. Un punto prezioso, di platino direi. Agguantato con cuore e furore contro un avversario tostissimo che gioca concretamente per vincere lo scudetto. La Roma no: meglio ricordarlo ai “gufazzi” che gonfiano il petto sul trespolo ogni volta che Fonseca incappa anche solo in un mezzo passo falso.

Funziona tutto al meglio? Ovviamente no, altrimenti staremmo parlando dell’Olanda degli anni Settanta e del Milan di Sacchi. C’è da ragionare al massimo su alcuni difetti diventati una brutta costante: l’approccio ai secondi tempi già visto contro Napoli, Atalanta, Cagliari e in parte Torino comincia a essere oggetto di giusta riflessione perché se accade contro avversari abbordabili, pur soffrendo, la pellaccia la si porta a casa. Se il calo di tensione si verifica contro corazzate, finisce male. Molto male. Con l’Inter ci siamo salvati eppure a un certo punto la sensazione che il Titanic stesse affondando dopo aver picchiato contro l’iceberg Hakimi è stata palpabile. E poi c’è la maledetta costante delle difficoltà sugli angoli avversari con la difesa a zona che fatica e non poco ad arginare le ondate nemiche. Ecco, se fossi in conferenza stampa chiederei a Fonseca lumi su questi approcci negativi prolungati ai secondi tempi da thriller. Roba da “non aprite quella porta”: sì perché ogni volta che l’Inter ripartiva con Hakimi a destra e con le frecce Lukaku e Lautaro c’era da nascondersi sotto la coperta, sbirciando solo a pericolo scampato,  come quando “Faccia di cuoio” irrompeva in casa con la motosega fumante. Venti minuti difficili, interminabili. Forse si poteva fare qualche cambio prima: Spinazzola aveva da tempo le gomme sgonfie, come peraltro Veretout.

I cambi poi hanno ribaltato completamente la partita. “Faccia di cuoio” è stato rispedito all’Inferno insieme alla coperta della paura e rapidamente le scene da thriller sono evaporate trasformandosi in fotogrammi da grande film d’azione. La squadra ha preso coraggio anche grazie al doppio inserimento di Bruno Peres e Cristante. Squadra di nuovo granitica, compatta che ha aggredito in avanti con assaltatori vari anziché arretrare sotto i colpi portentosi di Hakimi, principe Saraceno e Lukaku, imperatore del Belgio. Venti minuti finali da squadra totale con difensori in aiuto ai centrocampisti e agli attaccanti. Verticalizzazioni virtuose e giocate d’alta scuola. Sempre con la manovra bassa, senza lancioni, ma con un canovaccio organizzato che si era smarrito tra i fumogeni lanciati da Conte a inizio del secondo tempo. L’esondante Hakimi finisce in panca e Peres diventa sempre più dominatore della fascia. Sorprendentemente direi. Fino alla pennellata dell’Euclide spagnolo per l’inzuccata vincente del giocatore che in questo momento rappresenta per carisma, tigna e personalità forse meglio di chiunque altro i colori giallorossi. Mancini capitano aggiunto ed espressione perfetta di una squadra che stava crollando, ma che fino all’ultimo respiro non si è mai arresa. Pareggio sofferto, ma molto meritato, a prescindere da quel che pensino “gufazzi” e antisportivi vari.

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