«Caro Osvaldo, visto che palla t’ho dato? Mi devi una cena»

«Caro Osvaldo, visto che palla t’ho dato? Mi devi una cena»

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GAZZETTA DELLO SPORT – M. CECCHINI – Il primo settembre 1991, nelle ore in cui l’Uzbekistan dichiarava la sua indipendenza dall’Unione Sovietica, l’Italia calcistica non sapeva di stare per diventare invece prigioniera. A metterla sentimentalmente in catene sarebbe stato un 44enne venuto dalla Boemia, che nel ventennio successivo avrebbe fatto innamorare e inferocire un Paese disperatamente contradaiolo. Quell’uomo era Zdenek Zeman, che metteva per la prima volta piede a San Siro guidando il Foggia. Finì 1-1, col boemo che trovò in Baiano il suo braccio armato di giornata. Ecco, 21 anni più tardi l’innamoramento è rimasto, ma il profeta ideale — nello snodarsi delle stagioni — ha preso tratti ben diversi. Si chiama Francesco Totti, e alle soglie dei 36 anni ha riannodato il filo di una storia zemaniana che nel 1999 sembrava essere stato interrotto per sempre.

La risposta Per capire la stima di Zeman verso il «suo» numero dieci basta un aneddoto. Una volta, quando gli fu chiesto chi fossero i tre giocatori italiani più forti rispose con voce serena: «Totti, Totti e Totti». (…) Prima, però, si era attrezzato con una prestazione monstre, santificata dai due assist per Florenzi e Osvaldo. «Sono tre punti che ci danno fiducia — dice Totti —, perché dopo la prima giornata erano arrivate delle critiche e questa è la migliore risposta nei confronti di tutti. Abbiamo fatto una partita di altissimo livello, una grande prestazione da parte di tutti, perché non è facile venire a Milano e vincere. Adesso è una Roma da otto, completa, anche perché per affrontare una squadra come l’Inter bisognava fare un grande match».

La cena A dispetto degli anni che corrono, Totti veleggia come nei giorni migliori. «Sto bene fisicamente e in questo modulo mi trovo bene, poi è normale che quando la squadra gira, va anche per me. Osvaldo? Per l’assist mi dovrà offrire una cena. Prima che iniziasse la ripresa ci siamo messi d’accordo: io o lui avremmo fatto gol». Dopo gli applausi a Florenzi («è stato bravo, ormai è abituato a giocare a grandi livelli»), i titoli di coda suonano come un ammonimento per la bollente pentola giallorossa. «Aspettiamo a dire che stia nascendo qualcosa, perché a Roma è facile esaltarsi e andare giù. Quindi rimaniamo con i piedi per terra e cerchiamo di fare ogni partita in questa maniera. Non sarà semplice, ma proviamoci». Saggezza da capitano. Che ha voglia di regalarsi un tramonto senza rimpianti.

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