Roma, alta tensione

Roma, alta tensione

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rassegnastampaCORRIERE DELLO SPORT – M. EVANGELISTI – La gente da una parte, la squadra dall’altra, divise da un muro impermeabile alla rabbia e probabilmente a qualsiasi altra emozione. Oddio, la gente: meno di cento persone, più spiritose che aggressive. (…)

BERSAGLI – (…) La manifestazione dei tifosi è sanamente disorganizzata, quindi tranquilla. Anche se le parole sono pietre e gli insulti fanno vibrare le macchine dei giocatori, specialmente quelle di Pjanic, di Castan e, misteriosamente, di Marquinho, il ragazzo dal sorriso squillante, unico a tirare in porta nel lugubre finale di stagione. Gli striscioni dicono soprattutto che il derby perduto non si dimentica. Su uno c’è la data di quella sera e il timbro più fantasioso, se si considera la parolaccia una forma d’arte: “Bentornati, chiazze di guano”, e questa è la forma censurata. Applausi vivaci solo per Totti, ovvio. Applausi semplici per l’allenatore entrante Rudi Garcia. I bersagli favoriti sono Walter Sabatini rovina della Roma, James Pallotta prestanome invitato poi in perfetto romanesco a tirar fuori il portafogli. Franco Baldini è già lontano, già perdonato. Mattina presto che presto diventa tardi, il sole si arrampica, il caldo squaglia. (…) Padri di famiglia e ragazzini felici di urlare, i portavoce della compagnia con le braccia tatuate che cercano di convincere carabinieri – sei camionette, una jeep, due o tre auto – e agenti in borghese schierati contro il nulla a far entrare una delegazione o a far uscire un giocatore a parlamentare. Anche Sabatini, in mancanza di meglio.
CON I GUANTI – Non succede nulla, a parte un momento di tensione tra il cronista di Sky e un tale che si chiede dove si siano ficcati gli affezionati della curva. Alla fine anche i capipopolo sono costretti a porsi qualche domanda.  «Semo du’ gatti» . E quando tutto torna vuoto e tranquillo, colpo d’occhio molto più malinconico della colorata protesta, Massimo D’Alema si materializza dentro il centro sportivo e pranza e incontra Totti, Garcia, Sabatini, gli altri.  Viene da pensare che una vlta fa il raduno della Roma era festa e incontro. Adesso è solo un parcheggio da ripulire. Garcia non lo sa e allarga la sua faccia, la meno raccomandabile tra tutte quelle che si vedono in giro, in un sorriso prestampato.  «Lavoreremo tanto, aspettatevi mano di ferro e guanto di velluto» . Non è uno che parla invano. Nelle due sedute separate dall’acquazzone con il medesimo ghigno tira fuori il pallone e dà il segnale d’inizio delle flessioni.  «Lavoreremo tanto, è l’unico modo per vincere. E vincere con la Roma ha un sapore unico» . E’ un buon inizio per un allenatore che a Lilla frequentava teatro d’avanguardia, ristoranti stellati e concerto rock senza che nessuno gli accorciasse la serata neppure per stringergli la mano. Totti gli dà il benvenuto più caldo che gli venga in mente:  «Spero che Garcia entri subito nell’ottica della Roma» . Richiesta legittima, com’è legittimo domandarsi da quale parte del muro stessero ieri la vera Roma e la sua ottica.

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